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    in una cultura che rifugge il contatto umano, perché molti sono disposti a pagare per ricevere un po’ di affetto?

    La sindrome da astinenza giapponese ha portato alla creazione di Love Hotel, Cats Cafés e Circus Bar; ma cosa ci dicono questi due poli opposti sui giapponesi in cerca di affetto? L'artista Scottee indaga…

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    Tutto ciò che vende bene in Giappone ha la forma di un distributore automatico: il tè caldo in lattina, le mutandine usate di una “scolaretta per bene”, le figurine degli anime per bambini nelle gaccha gaccha machines (piccoli distributori a misura di bambino che chiedono 100 yen – quasi 1 euro – per un uovo di plastica che racchiude un premio misterioso) e menu touch screen fuori dai ristoranti per poter ordinare da soli. Il consumismo si serve di una tecnologia sorpassata per sradicare il contatto umano ed eliminare il possibile imbarazzo che potrebbe causare un incontro tra due persone reali. E allora perché, in una cultura che ha deciso coscientemente di fare a meno della conversazione spicciola, c’è così tanta gente disposta a pagare per avere un po’ di affetto?

    Come la maggior parte degli occidentali, sono attratto dalle cose più perverse che la cultura giapponese ritiene normali: indossare i guanti prima di andare a letto per non far invecchiare la pelle delle mani, il silenzio assoluto sui trasporti pubblici e i Love Hotel – gli hotel dell’amore, un’abbreviazione per dire “camere dell’amore”, dove gli amanti amano. Praticamente questi sono hotel che si affittano all’ora e si può scegliere la camera a tema preferita. Sono arrivato pieno di aspettative, pronto a capire questo fenomeno strettamente giapponese: immagino tristezza, individui vecchi e sporchi vestiti con impermeabili grigi e prostituzione dei bassifondi. Ho realizzato presto, però, che questa è solo la mia opinione strettamente inglese del commercio del sesso e non si può trovare niente di ciò che credevo.

    Dopo aver capito come entrare nell’hotel – attraverso un complicato labirinto di segnali creati per proteggere la privacy, che permette l’ingresso e l’uscita dall’edificio in maniera discreta, ma che di certo non ha messo alla prova la mia ironia – io e i miei amici ci siamo fermati nella hall fissando un muro pieno di luci lampeggianti. Una voce ci chiede di “scegliere, per favore”. Noi optiamo per la voce “Romanticismo Europeo”: subito ho iniziato a chiedermi come potesse apparire il romanticismo europeo ai loro occhi e se la trasposizione nella cultura giapponese sarebbe stata soddisfacente. L’ascensore si apre e una luce sopra di esso ci invita ad entrare. Ed ecco la tipica musica da ascensore: la cover di una conosciutissima Heartbreaker di Mariah Carey cantata in un inglese-giapponese (si chiama jinglish – e si, esiste); poi una brusca fermata. Delle frecce lampeggianti ci indicano la direzione per la nostre camere; all’interno di queste, fatte di seta rosa, ci sono altri distributori automatici. Possono essere noleggiati giocattoli sessuali per 400 yen – circa 3 euro, e se i dieci preservativi a disposizione dovessero finire se ne possono acquistare altri. Ci si può perfino far consegnare il cibo in camera – inutile dire che noi abbiamo optato per Dominos. Dopo 20 minuti si apre una piccola porticina nella nostra stanza e vediamo il busto di una donna di servizio; ci offre del cibo, che scopriamo poi essere un sorprendente piatto forte giapponese – le patatine a forma di smiley (e chi lo sapeva?), che si rivelano davvero disgustose.

    Io chiedo a Sumi, la nostra guida, perché i Love Hotel sono così popolari; “Non siamo ancora così liberi di parlare di sesso, non si può portare il proprio ragazzo o ragazza a casa a meno che non si abbia già organizzato il matrimonio. Raramente parliamo di questo argomento con i genitori e la maggior parte della generazione dei più giovani vive ancora con la famiglia; sono stata in un Love Hotel quando ero una teenager proprio per questa ragione, ho mentito ai miei genitori e sono stata lì di nascosto con il mio ragazzo.” Nel Regno Unito non pensiamo nemmeno alla lontana di poter andare in questi posti, ma l’uso dei Love Hotel può fornirci la stessa spiegazione del perché i ragazzi del mondo occidentale pagano per fare sesso: il desiderio di desiderare o di essere desiderati. Guardandoli a livello superficiale, i Love Hotel possono sembrare una cosa perversa, ma è invece da notare come i giapponesi abbiano una relazione più sana e onesta con la sessualità.

    Il bisogno di affetto si manifesta in diverse forme; il trend più recente che è esploso in questa nazione permette di prenotare un appuntamento per accarezzare i gatti. I Cat Cafés sono dei posti esclusivi con lampadine a vista e caffè dal prezzo esagerato e ti permettono di passare del tempo facendo amicizia con i felini, senza tutte le complicanze che derivano da un rapporto con un essere umano. I clienti li accarezzano e giocano con loro fino a quando scatta l’ora di ritornare alla vita reale. Il trend è esploso a Tokyo, nel distretto Akiharbara, un quartiere dove i giovani comprano anime di nicchia, sbavano dietro agli ultimi aggeggi tecnologici e vanno in giro con i 48 membri della girl band più grande del Giappone, le AKB48. L’ultima novità di questa “geek-town” è il Co-Sleeping Specialty Shop (solo per il suo nome vale la pena di farsi un viaggio con Japan Railways). Il proprietario, Masashi Koda, ha notato una mancanza nel mercato dell’affetto e ha deciso di aprire la prima “camera per le coccole” del mondo, “Si, sono solo coccole,” mi dice Koda. Con 20 sterline – circa 30 euro – è possibile stendersi vicino ad una ragazza per 10 minuti, e con 10 sterline extra si possono avere ulteriori servizi, come accarezzarle i capelli, pulirle le orecchie e guardarla con desiderio; costumi kawaii sono inoltre disponibili sul menu. Uno dei miei clienti mi ha detto, “Sono sorpreso, la maggior parte delle persone è giovane e single”. Lei continua e rivela, “Voglio evitare la seccatura di avere un marito”. Penso che la “seccatura” di cui lei parla sia più complessa della sola preferenza di condurre una vita da single. La differenza di guadagno in Giappone è maggiore del 66% rispetto qualsiasi altra nazione sviluppata; le pressioni causate dal matrimonio e le aspettative dei familiari di avere degli eredi è soffocante. É forse per questo che le donne giapponesi preferiscono degli appuntamenti casuali senza impegnarsi?

    Anche la semplice arte di socializzare è stata messa in vendita con la già ben sviluppata scena degli host bar, che offrono ogni cosa: che tu voglia un finto pub inglese, con uno spasimante vestito alla “Frank Perry”, o che tu preferisca la compagnia di una donna grassa intenta a mangiare palle di riso e girare con passo pesante in un costume da maiale, i bar con host e hostess offrono compagni di avventure differenti. Uomini e donne pagano per questo, alcuni regalano persino gioielli super costosi e sviluppano un atteggiamento possessivo nei confronti del “loro” host. In cambio l’host chiacchiera e a volte fa persino dei complimenti. Dopo aver passato la serata soddisfando ciò che i loro clienti desiderano, gli host se ne vanno a loro volta a spendere il proprio guadagno in host bar, creando un circolo vizioso fatto di solitudine.

    Alle 9 di un martedì sera, siamo persi nelle strade secondarie del centro di Osaka, ma la nostra guida alla fine ci trova e ci porta in un altro infausto ascensore. Abbiamo chiesto del cabaret, ma non appena entriamo all’Universe Show Bar capiamo che i nostri interessi sono stati fraintesi. Gli show nei bar sono fatti per vecchi uomini d’affari che tracannano bottiglie di whiskey scozzese mentre guardano show dal gusto circense, messi in scena da artiste mezze nude. Una splendida trapezista chiamata Bambi, mi dice “Credo che questi show siano popolari tra gli uomini d’affari giapponesi perché sono dei posti aperti e informali, fatti apposta per l’intrattenimento sessuale. Mi piace il mio lavoro, e i clienti, più che essere disperati per sesso – che è competenza delle squillo – cercano intrattenimento.” Coccolarsi in questi posti non è così innocente come in Akiharabara: si fanno giochi con il pubblico usando pietre, carta e forbici. Se vinciamo siamo incoraggiati a toccare il seno delle performer: tutto questo potrà sembrare squallido ma in realtà sono dei giochetti da ragazzi, una sorta di ritorno alla nostalgica giovinezza degli anni ’70. Da occidentale è facile voler difendere chi offre se stesso per avere un guadagno economico – nella nostra cultura il commercio sessuale è accostato al traffico di uomini e all’abuso e dipendenza da droghe – ma sperimentando questi bizzarri modi di contatto umano, non ho trovato alcun accenno visibile allo sfruttamento. Non sto dicendo che questo non esista in Giappone, ma la smania di affetto non è così squallida, anzi, è molto meno sessuale di quello che si potrebbe pensare.

    E allora qual è lo svantaggio di avere una società che rifugge il contatto umano? Avere una popolazione destinata a sparire in tempo velocissimo! Ci sono più persone sopra i 50 anni rispetto a quelli sotto i 15, la gente non non si sposa né ha figli, i fidanzati cibernetici sono migliori di quelli veri. Chi può dire cosa significherà tutto questo per il futuro del Giappone? È davvero una brutta cosa per una nazione già di per se troppo popolata e in un mondo che sta passando dei momenti cruciali? É un movimento femminista che contrattacca il patriarcato e dà più potere alle giovani donne? É il lavoro etico di una nazione che è guidata dal successo finanziario? O è soltanto timidezza? Dopo tutto, lo scambio di amore rivela molto meno della realtà.

    Personalmente, credo che i giapponesi siano solo molto più onesti su come fruiamo del sesso nel ventunesimo secolo – lo vogliamo come diciamo noi, quando lo decidiamo noi, solo nel modo in cui piace a noi. Allora prima di usare tutto questo come una prova di quanto siano strambi i giapponesi, chiedetevi che costa state cercando voi, la prossima volta che scorrerete le immagini su Tinder.

    Credits


    Testo Scottee
    Fotogramma del film Lost in Translation

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